Papa Francesco afferma che stiamo vivendo non un’epoca di cambiamenti ma un cambiamento d’epoca.
Siamo immersi in una grande crisi strutturale e dobbiamo pertanto chiederci quanto durerà questa crisi. Nel “Movimento Economico dell’Italia” del 1932 della Banca Commerciale Italiana troviamo la stessa domanda dopo la grave crisi mondiale del 1929. La risposta è molto interessante. Si legge:”La domanda va rivolta agli uomini politici, non agli economisti e agli uomini d’affari”. E ancora: “Lo sviluppo tecnico-scientifico ha reso le varie parti del mondo indissolubilmente solidali fra loro”. Grande verità che abbiamo puntualmente verificato con la pandemia.
La questione pertanto è politica e non ne usciamo senza una classe politica e dirigenziale all’altezza, con una precisa idea di futuro e una forte capacità di realizzazione.
Dobbiamo a questo riguardo ricordare l’Esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II “Christifideles laici” del 1988. Giovanni Paolo II invita i laici a un rinnovato impegno dei cattolici in politica.
La recente elezione del Presidente della Repubblica ci ha fatto toccare con mano che non abbiamo una classe politica all’altezza. E se non c’è, bisogna crearla se vogliamo dare un futuro al nostro Paese e ai nostri figli, speranza di un mondo migliore.
Abbiamo un’ottima Costituzione, più però nella prima parte che nella seconda che è molto debole. Nella prima parte si respirano i valori della Dottrina Sociale della Chiesa come quando si parla del dovere della solidarietà politica, economica e sociale.
Con questa classe politica non si va da nessuna parte e dobbiamo prepararci in tempi brevi alle nuove elezioni che ci saranno fra un anno.
Il pericolo maggiore è l’astensionismo, dopo che gli italiani hanno assistito allo spettacolo deprimente dell’elezione del Capo dello Stato. Bisognerà per questo riformare la legge elettorale in senso proporzionale puro e con la chiara possibilità di esprimere le preferenze da parte dei cittadini.
Non c’è via d’uscita se non si ricostruisce un “centro” caratterizzato dalla guida dei grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa, come già avvenuto all’indomani della seconda guerra mondiale con Alcide De Gasperi che ha permesso all’Italia distrutta dalla guerra di realizzare il “miracolo economico”. Nel fare questo, De Gasperi, farà riferimento al pensiero di Giuseppe Toniolo, più ortodosso e vicino al Papa rispetto all’estremista don Romolo Murri.
De Gasperi aveva ben chiaro il fatto che la vera battaglia per la maturazione dell’impegno dei Cattolici si combatteva al “centro”, occupato da una gran folla di sfiduciati e di disorientati, privi di guide e di autentici leader politici. Giuseppe Toniolo sosteneva, controcorrente, che è fondamentale la gerarchia dei valori: valori spirituali e religiosi, valori sociali, valori economici. Lo sconvolgimento e il rifiuto di questa triade valoriale porta gli Stati e le Nazioni alla rovina, come la lunga storia dell’uomo ha sempre dimostrato.
L’etica, come non si stanca mai di ripetere Papa Francesco, non deve mai essere separata dall’economia, altrimenti non si potrà mai costruire il bene comune che è opera non solo della Stato ma di tutta la comunità civile che costituisce il terzo pilastro dello sviluppo sostenibile.
La grande frattura tra etica ed economia si è consumata negli anni trenta, all’epoca “dell’alta teoria”. L. Robbins definisce l’economia completamente staccata dall’etica, definita come scienza dell’impiego ottimale di risorse scarse aventi usi alternativi.
Pio XI rifiuta energicamente tale visione nell’Enciclica sociale Quadragesimo anno del 1931 introducendo il grande valore della sussidiarietà. Il Papa pronuncia parole che sono un monito per tutte le crisi finanziarie internazionali, come quella che abbiamo vissuto a partire dal 2008. Ecco le parole di Pio XI: “la ricchezza si è concentrata sempre più nelle mani di un numero ristretto di individui, spesso nemmeno proprietari ma semplici amministratori. Essi utilizzano tale situazione di privilegio per farla da padroni, lottando per il predominio economico e politico e trascurando la condizione dei più bisognosi”.
Nel pensiero sociale della Chiesa la persona umana deve rimanere al centro, con i suoi inviolabili valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività. E’ questo l’umanesimo cristiano che vede al centro la sfida educativa per una sempre più alta valorizzazione del capitale umano. Si tratta di un punto sottolineato con grande vigore da uno dei nostri grandi economisti del novecento che ha insegnato per tanti anni all’Università di Padova: Marco Fanno. Ecco le sue parole: “Il risparmio si tramuta in capitale, oltre che mediante la produzione o trasformazione di beni materiali, mediante l’educazione e l’istruzione delle giovani generazioni. Le spese che si sostengono per l’educazione fisica, intellettuale, spirituale dei propri figli, più che spese vere e proprie, rappresentano risparmio volontario destinata a trasformarsi in capitale… cioè ad aumentare o migliorare quella particolare categoria di capitali che è il capitale personale” (Marco Fanno, Principi di scienza economica, 1951).
Per Toniolo l’etica deve innervare dall’interno le strategie d’impresa e i processi organizzativi e gestionali per il bene comune, e non rappresentare distintivi puramente formali ed esterni come il codice etico, il bilancio etico-sociale, la certificazione ambientale e così via. Questo è il compito fondamentale dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) sancito dall’Atto Costitutivo del 1947.
Lo abbiamo visto, purtroppo, con le crisi della Parmalat e della Cirio, con una vera e propria truffa nei confronti dei risparmiatori. Le banche, che avevano largamente finanziato Parmalat e Cirio, indussero i risparmiatori, allettati da un elevato tasso di rendimento, ad acquistare obbligazioni da queste società le quali con il ricavato rimborsarono le banche. Una cosa analoga successe con i bonds argentini nel 2020 quando le banche invogliavano i risparmiatori a comperarli, a causa di tassi di rendimento che superavano il 7%. Ci fu poi il default dell’Argentina, con gravi perdite dei risparmiatori italiani.
Si tratta di tracciare una nuova strada che conduce nel lungo periodo alla convergenza tra il valore economico dell’impresa e il suo valore etico. In questo modo, come afferma il Toniolo, l’etica diventa la massima espressione del bene comune. Sono principi che troviamo anche nella migliore scuola italiana di economia aziendale, a partire da Gino Zappa e Pietro Onida.
Papa Francesco ha espresso questa visione cristiana del ruolo dell’imprenditore come costruttore di bene comune illuminato dalla Fede. Ecco la definizione di imprenditore di Papa Francesco che troviamo nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, nell’Enciclica Laudato sì’ sulla cura della casa comune e nell’ultima Enciclica Fratelli tutti del 2020. “La vocazione di un imprenditore è un nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio della vita; questo gli permette di servire veramente il bene comune, con il suo sforzo di moltiplicare e rendere accessibili per tutti i beni di questo mondo”. Quindi una visione dell’imprenditore che crea e distribuisce ricchezza secondo i grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa che sono lo sviluppo sostenibile, la solidarietà, la sussidiarietà, la destinazione universale dei beni, il bene comune.
Bisogna, in definitiva, superare la nefasta teoria ruiniana dei Cattolici sparsi nelle diverse formazioni politiche, non contando assolutamente nulla.
La chiamata politica dei Cattolici per dare un futuro al nostro Paese, si può realizzare unificando il variegato e disperso mondo dei movimenti e delle associazioni ecclesiali che fanno capo alla CNAL (Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali) e a RETINOPERA, con un preciso sostegno programmatico ai laici da parte della Conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Pensiamo solo al grande peso che aveva un tempo l’Azione Cattolica con tre milioni di iscritti. Oggi ne conta solo 300 mila.
Giovanni Scanagatta
Segretario Generale dell’Ucid Nazionale dal 2004 al 2017
Roma, 7 febbraio 2022