ANCORA SUL PREZZO DELL’ORO - Riflessioni di Giovanni Scanagatta - UCID-Roma

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ANCORA SUL PREZZO DELL’ORO

Pubblicato da Giovanni Scanagatta in economia · 29/6/2020 17:33:29

Si ritorna ancora sulla questione del prezzo dell’oro perché viene dato poco risalto a questo importante tema, soprattutto in questi tempi di grande incertezza dovuti alla pandemia da coronavirus.

La storia dimostra che in periodi di incertezza come il nostro aumenta la domanda di oro, tipico bene rifugio. I prezzi dell’oro salgono pertanto molto e vi è un’aspettativa che continuino a salire, in relazione agli incerti scenari economici e sociali mondiali. Come già indicato nella precedente scheda, i principali istituti specializzati indicano un aumento nel prossimo anno intorno al 30% del prezzo dell’oro.

Negli ultimi cinquant’anni il prezzo dell’oro ha mostrato un trend fortemente crescente, a partire dalla sospensione della convertibilità del dollaro in oro da parte degli Stati Uniti d’America nell’agosto del 1971. Come si ricorderà, si trattava di una parità di 35 dollari per oncia, corrispondente a 1,13 dollari al grammo (un’oncia è uguale a 31,1 grammi). Attualmente il prezzo dell’oro fino per oncia è di circa 1700 dollari, pari a circa 55 dollari al grammo. Pertanto, in cinquant’anni, l’oro è cresciuto ad un tasso medio annuo composto dell’8,1%.

Le componenti della domanda di oro sono attualmente diverse: per gioielleria, per motivi industriali, per motivi di investimento finanziario, per le riserve auree delle banche centrali, per altri motivi. La prima componente vale circa il 50%, l’uso industriale il 10% e gli scopi di investimento e la domanda delle banche centrale per le riserve auree il 40%.

Sul piano storico, la domanda di oro riguardava anche la monetazione, con alterne vicende tra i sistemi monometallici, bimetallici e plurimetallici. Esisteva un certo rapporto tra l’oro e l’argento in relazione ai cicli solari e a quelli lunari. Questo rapporto era di 1:131/3 che e’ rimasto abbastanza stabile nel corso dei millenni. La prime monete coniate risalgono a Creso re della Lidia, con una moneta che risultava dalla fusione tra l’oro e l’argento, l’elettro. Le ultimi scoperte archeologiche indicano tuttavia che le prime monete coniate risalgono agli egizi, come risulta dai prezzi in cui venivano valutati i diversi beni e anche gli schiavi.

Un criterio importante di valutazione riguarda pertanto le tre funzioni fondamentali della moneta: unità di misura dei valori, mezzo intermediario degli scambi, riserva di valore. Questo classificazione ci sconsente di stabilire la differenza tra economia di baratto ed economia monetaria. L’economia monetaria si comincia ad avere quando appare uno strumento che funge da unità di misura dei valori, sia esso un animale, il grano, il miglio, la pietra, le conchiglie, i metalli e via dicendo. Naturalmente le altre funzioni completano il sistema definito di economia monetaria. L’oro certamente ha svolto storicamente tutte e tre le funzioni: unità di misura dei valori, mezzo intermediario degli scambi e soprattutto, ai nostri fini, riserva di valore. Questa funzione dell’oro è particolarmente presente oggi, anche se non nella forma di moneta, ma come tesaurizzazione, cioè bene rifugio che difende dalle incertezze e soprattutto dall’inflazione.

La storia dell’oro ci offre delle esperienze veramente interessanti. Ricordiamo solo quella riguardante la guerra civile spagnola del 1936 che vedeva contrapposti i repubblicani e i nazionalisti, sostenuti sul piano internazionale da Paesi con diversi sistemi economici e politici. E’ il caso dell’Unione Sovietica che sosteneva i repubblicani con la fornitura di soldati e di armamenti. I repubblicani spagnoli temevano, in caso di vittoria dei nazionalisti, l’appropriazione delle ingenti riserve auree della Spagna. Per questo gli spagnoli repubblicani, d’accordo con i sovietici, decisero di trasferire a Mosca circa 500 tonnellate di oro delle riserve, pari a tre quarti delle riserve auree complessive. Tutto questo fece naturalmente giubilare Stalin che disse: “Non rivedranno mai più il loro oro, così come non vedono i loro orecchi!”. L’oro doveva garantire il pagamento di aerei, armi e altre merci sovietiche inviate alla repubblica spagnola. Ma le 500 tonnellate di oro inviate non furono sufficienti a pagare i debiti contratti con Mosca, e rimase un debito residuo di 50 milioni di dollari.

Per la verità, questo trasferimento di oro verso i Paesi dominanti sulla scena mondiale ha riguardato non solo l’Unione Sovietica ma anche gli Stati Uniti d’America. E’ il caso dell’Italia che detiene una parte delle sue riserve auree presso la Federal Reserve Americana.

In questo senso, è interessante sottolineare le straordinarie simmetrie della storia.

Terminiamo questa scheda con alcune osservazioni relative alle determinanti del prezzo dell’oro come strumento di investimento.
In una visione di scelte di portafoglio, possiamo considerare l’investimento alternativo tra l’oro e un’attività finanziaria che assicura un certo tasso di interesse e il cui valore capitale può variare in senso positivo o negativo. Il rendimento dell’attività finanziaria è rappresentato dalla somma algebrica della cedola del titolo e dei guadagni o perdite in conto capitale. La media del rendimento del titolo viene assunta uguale alla cedola, nell’ipotesi che la media dei guadagni e delle perdite sia nulla. E’ certamente un’ipotesi forte, che potrebbe essere rimossa. Il rischio complessivo del titolo viene misurato dallo scarto quadratico medio che è uguale al prodotto tra la quota del portafoglio investita nel titolo stesso e  lo scarto quadratico medio dei rischi in conto capitale. Esiste una relazione positiva tra rendimento atteso e rischio del portafoglio. Il rischio diventa massimo quando tutto il portafoglio viene investito nell’attività rischiosa, nell’ipotesi in cui la media dei guadagni e perdite sui prezzi dell’oro sia nulla e sapendo che l’oro non rende alcun tasso di interesse (certezza del reddito). La composizione del portafoglio tra il titolo e l’oro dipende dalle preferenze dell’investitore, cioè dalla combinazione tra rendimento atteso e rischio che presenta la medesima utilità. Se l’investitore è avverso la rischio, scambierà dosi crescenti di rischio con dosi più che proporzionali di rendimento. L’equilibrio si avrà in corrispondenza del punto di tangenza della curva di preferenza dell’investitore e della retta di combinazione rendimento atteso-rischio. Pertanto il portafoglio sarà composto in parte nel titolo e in parte nell’oro.

Cosa succede se i tassi di interesse sono eccezionalmente bassi, come succede ora, a causa delle politiche espansive delle banche centrali? Le cedole dei titoli, a parità di rischio, saranno altrettanto ridotte e questo aumenterà la domanda di oro e quindi il prezzo. Questa domanda sarà ulteriormente accresciuta da quella di oro come riserva di valore, in relazione alle incertezze del quadro economico mondiale e a livello di singoli Paesi. I fondi di investimento tenderanno ad inserire quote crescenti di oro nei loro portafogli e anche le banche centrali potranno accrescere i loro acquisti in relazione ai mutamenti degli equilibri geopolitici a livello mondiale. Sono queste le cause alla base delle previsioni di consistenti aumenti futuri del prezzo dell’oro. 
 
Giovanni Scanagatta

Roma, 29 giugno 2020                           


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