La pandemia ci costringe ad una riflessione sui fondamentali valori della Dottrina Sociale della Chiesa: sviluppo integrale dell’uomo, solidarietà, sussidiarietà, destinazione universale dei beni, bene comune.
Sembra strano, ma la pandemia costringe il mondo intero ad essere solidale con tutti, altrimenti non si riesce ad uscire da questo grande flagello. E’ miope pertanto vaccinare solo le popolazioni dei paesi ricchi e non pensare alle popolazioni dei paesi poveri. In caso contrario, la permanenza del virus nei paesi poveri finisce, presto o tardi, per infettare nuovamente la parte ricca del mondo perché l’efficacia temporale dei vaccini è limitata. E’ la conseguenza del mondo globale e del libero spostamento delle persone tra i contenenti che contano assieme quasi 8 miliardi di persone. Dobbiamo pertanto vaccinarci tutti, ricchi e poveri, in uno spirito di solidarietà “costretto”. Viene a questo riguardo alla mente quanto già sosteneva Giovanni Paolo II, grande Maestro di Dottrina Sociale della Chiesa: dobbiamo globalizzare la solidarietà. Concetto ripreso più volte da Papa Francesco, affermando che la solidarietà non è una brutta parola ma la forte determinazione di farci carico dei popoli più poveri per la costruzione del bene comune universale. Visione mirabilmente espressa nell’ultima Enciclica “Fratelli tutti”.
Lo spirito di solidarietà va pertanto a favore non solo dei paesi poveri ma anche di quelli ricchi che hanno la maggiore responsabilità nella costruzione del bene comune universale, come afferma il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa del 2004.
Questa responsabilità dovrebbe riguardare soprattutto i cristiani nel mondo che rappresentano un terzo della popolazione mondiale. Cristiani nel mondo per cultura, secondo il pensiero illuminato di Romano Guardini. E ciò perché l’etica cristiana è immensamente più forte dell’etica laica, sicuramente debole. La forza dell’etica cristiana dipende dalla sua duplice dimensione: teologica e umana. Essa discende dai due comandamenti fondamentali del Vangelo: amare Dio e amare il prossimo come se stessi.
I cristiani hanno pertanto una grande responsabilità nella costruzione di un nuovo ordine economico e sociale a livello mondiale. La ha in particolare l’Europa se non vuole uscire dalle grandi traiettorie della storia, come ha affermato Benedetto XVI. E’ interessante evidenziare che questa visione è espressa in un interessante volume di Giulio Tremonti del 2019 sulle Tre profezie. Ecco le sue parole: “Desacralizzando il potere, solo con il crocifisso e la preghiera si può e si deve uscire da questa crisi di civiltà, disegnando l’unica visione del mondo capace di futuro (il cammino evangelico) e così integrando per il cattolicesimo un nuovo ruolo globale” (G. Tremonti, Le tre profezie, appunti per il futuro, Solferino, 2019, p. 103).
Un’ultima considerazione che è utile fare riguarda la relazione tra pandemia e rivoluzione digitale. La pandemia sta imprimendo una forte accelerazione al passaggio all’economia digitale: lo vediamo con lo smart working, la didattica a distanza, le riunioni on line, la medicina digitale e via dicendo. Un indicatore critico di questa enorme accelerazione della rivoluzione digitale riguarda l’attuale carenza di microprocessori, un mercato mondiale che vale circa 500 miliardi di dollari.
La rivoluzione digitale incide terribilmente sulla mobilità e sul rapporto tra spazio e tempo: ci si muove di meno, si inquina di meno ma si riducono i contatti personali. Questa riduzione deve essere compensata con una grande valorizzazione della famiglia, luogo principe dell’amore tra le persone, della coniugazione dei grandi principi della solidarietà e della sussidiarietà, di pratica quotidiana della destinazione comune dei beni per realizzare il bene comune. Solo mettendo insieme rivoluzione digitale e valorizzazione della famiglia il mondo si potrà salvare.
Giovanni Scanagatta
Roma, 19 aprile 2021