LETTERA APOSTOLICA DI PAPA FRANCESCO “CON CUORE DI PADRE” (PATRIS CORDE) NEI 150 ANNI DELLA DICHIARAZIONE DI SAN GIUSEPPE PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE - Riflessioni di Giovanni Scanagatta - UCID-Roma

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LETTERA APOSTOLICA DI PAPA FRANCESCO “CON CUORE DI PADRE” (PATRIS CORDE) NEI 150 ANNI DELLA DICHIARAZIONE DI SAN GIUSEPPE PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE

Pubblicato da Giovanni Scanagatta in articolo · 29/3/2021 16:11:48

L’UCID è particolarmente legata alla figura di San Giuseppe. Nella preghiera dell’Imprenditore si parla di Gesù di Nazareth sotto la
guida Regale e paterna dell’imprenditore Giuseppe. Si prega Dio onnipotente perché faccia sì che i piccoli e i grandi imprenditori, alla luce di questo grande esempio d’amore, modestia e umiltà, possano manifestare attraverso l’intelligenza e la creatività la forza di produrre beni che siano utili alla crescita umana, al fine di continuare l’opera del Creatore.

Molto significativi sono pertanto l’anno 2021, proclamato da Papa Francesco l’anno di San Giuseppe, e la lettera apostolica a Lui dedicata.

La lettera ha per titolo, molto significativo, “Con cuore di padre” (Patris corde), in un’epoca in cui la figura paterna è molto svilita e resa quasi insignificante. Papa Francesco vuole pertanto rivalutare la figura del padre, sul luminoso e silenzioso esempio di San Giuseppe. Questo è fondamentale per l’educazione dei figli, speranza di un mondo migliore.

La lettera si sviluppa in sette punti. Il primo punto è dedicato al Padre amato. Il secondo e il terzo punto al Padre nella tenerezza e nell’obbedienza. Segue il quarto punto sul Padre nell’accoglienza. Significativi per l’UCID sono il quinto e il sesto punto dedicati al Padre dal coraggio creativo e al Padre lavoratore. L’ultimo punto, il settimo, parla del Padre nell’ombra.

San Giuseppe è l’uomo dei sogni e si fa guidare dalla volontà di Dio, soprattutto nei momenti di incertezza e di angoscia delle scelte. Il primo dramma di Giuseppe riguarda quello che è successo a Maria, sua promessa sposa che ha manifestato il suo fiat all’opera salvifica di Dio mandando suo figlio sulla terra per la salvezza di tutti gli uomini.

I quattro sogni di Giuseppe, che con grande umiltà si è fatto strumento per la realizzazione del grande disegno di Dio, sono anche la guida di ogni imprenditore che deve prendere decisioni difficili e fondamentali per la vita della propria azienda e per il futuro dei propri dipendenti e delle loro famiglie. Infatti, come afferma Giovanni Paolo II nella grande Enciclica sociale Centesimus annus, l’impresa è una comunità di persone in cui l’autorità dell’imprenditore viene esercitata non come potere ma come servizio per lo sviluppo e la costruzione del bene comune.

Nella lettera Papa Francesco afferma che padri non si nasce, ma si diventa. Potremmo dire la stessa cosa per l’imprenditore: imprenditori non si nasce ma si diventa. E lo si diventa perché ci si prende responsabilmente cura delle persone che lavorano nell’azienda, che rappresentano la risorsa più preziosa per uno sviluppo sostenibile nel lungo periodo. Come afferma Papa Francesco nella lettera apostolica, tutte le volte che qualcuno, nel nostro caso l’imprenditore, si assume la responsabilità della vita degli altri, in un certo senso esercita la paternità nei loro confronti.

I punti della Lettera Apostolica che interessano l’UCID sono il 5 e il 6. Si tratta di punti che rientrano negli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa. Una novità introdotta da Papa Francesco che parla di problemi sociali anche in documenti magisteriali che hanno finalità diverse. E’ avvenuto con l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium con i capitoli due e quattro, quest’ultimo dedicato alla dimensione sociale dell’evangelizzazione. Ma la stessa cosa possiamo dire dell’ultima Enciclica Fratelli tutti.   

Il punto 5 riguarda la creatività che è intimamente legata  all’attività imprenditoriale, ma che deve riguardare tutte le persone. La creatività, afferma Papa Francesco, si manifesta soprattutto nei momenti di difficoltà. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere. La creatività ha a che con la nostra sfera spirituale e, come afferma Benedetto XVI, anche i movimenti dello spirito hanno effetti economici. Lo diceva anche il grande economista inglese J.M. Keynes. La propensione ad investire non è solo frutto di meri e freddi calcoli economici, ma anche degli animal spirits.  Dove per animal spirits si intendono i moti dell’anima, come fa chiaramente intendere Keynes. Essi fanno riferimento al capitale umano che è sempre più importante nella nostra epoca in cui siamo passati dalle rivoluzioni industriali del secolo scorso alla rivoluzione digitale del primo secolo degli anni tremila. Lo sviluppo dipende sempre di più dall’accumulazione di capitale umano. Lo hanno capito anche gli economisti della Nuova Teoria dello Sviluppo. A questo riguardo, Romer  afferma che alla base del progresso tecnico troviamo la conoscenza che non soffre dei rendimenti di scala decrescenti. Ma la conoscenza costa, in relazione all’allocazione delle persone per produrre idee e per produrre beni presenti. L’accumulazione di conoscenza dell’impresa dipende dall’investimento in ricerca e sviluppo, che corrisponde al volume di risorse non destinate alla produzione, e dallo stock di conoscenza accumulata in passato. Il modello di Romer indica che un raddoppio degli addetti alle attività di ricerca determina un raddoppio del tasso di crescita dell’economia.

Anche il nostro economista Marco Fanno ha messo in evidenza fin dal 1951 la grande importanza, ai fini dello sviluppo, del capitale umano o personale come da lui definito. Ecco le sue parole: “Il risparmio si tramuta in capitale, oltre che mediante la produzione o trasformazione di beni materiali, mediante l’educazione e l’istruzione delle giovani generazioni. Le spese che si sostengono per l’educazione fisica, intellettuale, spirituale dei propri figli, più che spese vere e proprie, rappresentano risparmio volontario destinato a trasformarsi in capitale…cioè aumentare o migliorare quella particolare categoria di capitali che è il capitale personale” (Marco Fanno, Principi di scienza economica, 1951).

La creatività è espressione di libertà e, quindi, di responsabilità. Ne parla  Giovanni Paolo II nell’Enciclica  Sollicitudo rei socialis del 1987, a vent’anni dalla Populorum progressio di Paolo VI. La libertà di intraprendere è fondamentale per lo sviluppo e la costruzione del bene comune. Anche Benedetto XVI nella Caritas in veritate sottolinea con determinazione questo punto, con forti relazioni tra la sua Enciclica e la Sollicitudo rei socialis. Ci si muove fondamentalmente dal lato della produzione della ricchezza, senza trascurare il lato della distribuzione secondo principi di solidarietà e giustizia. Il diritto di iniziativa economica è talmente importante per Giovanni Paolo II da affermare nella Sollicitudo rei socialis: “L’esperienza ci dimostra che la negazione di un tale diritto, o la sua limitazione in nome di una pretesa eguaglianza di tutti nella società riduce, o addirittura distrugge di fatto lo spirito d’iniziativa, cioè la soggettività creativa del cittadino”. 

Come già detto, un altro punto molto interessante per noi dell’UCID è il numero 6 dedicato al lavoro, legato alla figura di San Giuseppe. La figura di San Giuseppe lavoratore è stato messo in evidenza da Leone XIII nella prima Enciclica sociale Rerum novarum del 1891. Dopo 130 dalla pubblicazione della Rerum novarum (1891-2021), la questione sociale, secondo Papa Francesco, riemerge nuovamente ai nostri giorni con una vera e propria rivoluzione del mercato del lavoro e con livelli di disoccupazione preoccupanti, soprattutto tra i giovani. Ciò si riscontra, evidenzia Papa Francesco, anche in quelle nazioni che per decenni si è vissuto un certo benessere. E’ per questo necessario, con rinnovata consapevolezza, comprendere il significato del lavoro che dà dignità e di cui San Giuseppe è esemplare patrono.

Papa Francesco si riferisce alla disoccupazione tecnologica, già evidenziata diversi anni fa da Keynes. Il grande economista inglese parla di una riduzione della settimana lavorativa a 15 ore, con molto tempo che rimane libero per attività di tipo culturale e spirituale. Un aspetto di grande importanza che meriterebbe un adeguato approfondimento, ma non è questo il luogo per farlo.  
  
La persona che lavora, afferma Papa Francesco, qualunque sia il suo compito,    collabora con Dio stesso, diventa un po’ creatore del mondo che lo circonda. La crisi del nostro tempo, che è crisi economica, sociale, culturale e spirituale, può rappresentare per tutti un appello a riscoprire il valore, l’importanza e la necessità del lavoro per dare origine a una nuova “normalità”, in cui nessuno sia escluso.

In definitiva, Papa Francesco interpreta la nostra crisi su più piani tra loro collegati: economici, sociali, cultuali, spirituali. La crisi va pertanto aggredita su più fronti contemporaneamente e sarà possibile superarla solo con un nuovo umanesimo e una rivalutazione del rapporto tra etica ed economia. Illusorie sono le strade del transumanesimo e del postumanesimo indicate dall’etica laica che rivela la sua grande debolezza (pensiero debole) perché nega il rapporto tra Dio e l’uomo.
 
Giovanni Scanagatta

Roma, 29 marzo 2021


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