CRESCITA ECONOMICA, INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE: IL POST PANDEMIA - Riflessioni di Giovanni Scanagatta - UCID-Roma

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CRESCITA ECONOMICA, INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE: IL POST PANDEMIA

Pubblicato da Giovanni Scanagatta in economia · 5/10/2021 15:54:23

Nel 2020 il prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia si è ridotto di quasi il 10%. Per quest’anno si prevede una crescita eccezionalmente elevata, indicata dal Ministro Renato Brunetta addirittura al 7%. Ristagna purtroppo l’occupazione, sotto il peso di fattori di natura congiunturale e strutturale. Si registra inoltre una significativa ripresa dell’inflazione, dopo anni di crescita dei prezzi faticosamente intorno al 2%, cioè l’obiettivo indicato dalla Banca Centrale Europea (BCE) per evitare la deflazione.

Si ripropone pertanto il problema della curva di Phillips sulla relazione negativa tra inflazione e disoccupazione e quindi la controversia tra keynesiani e monetaristi.  

Ezio Tarantelli negli anni ottanta, anche se in contesti molto diversi, interpretava la mancata relazione negativa tra inflazione e disoccupazione con lo spostamento verso l’alto della curva di Phillips. Pertanto, a parità di tasso di disoccupazione, si osservava una tasso di inflazione crescente. C’era allora il problema della scala mobile e Tarantelli, per uscire dal circolo vizioso della rincorsa tra prezzi e salari, proponeva la predeterminazione dei punti di scala mobile, mettendo in discussione l’accordo tra Agnelli e Lama. Tale metodo proposto da Tarantelli, farà dire al premio Nobel per l’economia, Franco Modigliani, ha avuto il merito di abbassare l’inflazione di almeno tre punti percentuali.

Ezio Tarantelli proponeva di lavorare meno per lavorare tutti, sollevando quindi il grave problema dei fattori congiunturali e strutturali della disoccupazione.

Interessa qui soffermarci sui fattori strutturali della disoccupazione causati dal progresso tecnico con il passaggio dalle rivoluzioni industriali alla rivoluzione digitale. Keynes, a questo riguardo, parlava di disoccupazione tecnologica.

Il grande economista inglese, in un discorso tenuto a Madrid nel giugno del 1930, esprimeva tutta la sua preoccupazione per il futuro del lavoro con le difficoltà in cui si troveranno le giovani generazioni. Da qui deriva la sua soluzione alla contraddizione interna e morale dell’economia capitalista: lavorare meno per iniziare ad educarci al tempo libero.

Si tratta di un punto cruciale che troviamo meravigliosamente espresso nella Caritas in veritate di Benedetto XVI e, ancora prima, nella Populorum progressio di Paolo VI. Nel capitolo sesto della Caritas in veritate dedicato allo sviluppo dei popoli e la tecnica, Benedetto XVI afferma: “Lo spirito, reso così meno schiavo delle cose, può facilmente elevarsi all’adorazione e alla contemplazione del Creatore”. Dovremmo quindi dedicare il tempo libero reso sempre più ampio grazie agli sviluppi della tecnica, allo spirito e alla cultura e non al consumismo, se vogliamo un mondo migliore per le nostre giovani generazioni.

La pandemia ha impresso una forte spinta all'utilizzo delle nuove tecnologie con una larga diffusione del lavoro a distanza e dell'e-learning. Con l'uscita dalla pandemia si troverà un nuovo equilibrio, ma in un punto più avanzato rispetto al passato, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Tutto questo porta a un minore impatto ambientale delle attività produttive, allarga il tempo destinabile alla formazione continua e alle attività culturali e favorisce la conciliazione del rapporto tra lavoro e famiglia.

In questo scenario acquistano un ruolo fondamentale le politiche fiscali per impedire che il tasso di disoccupazione raggiunga livelli non tollerabili. Hanno quindi senso politiche di bilancio pubblico in deficit e l’accettazione dell’aumento del debito pubblico “buono” come ha affermato il Presidente del Consiglio Mario Draghi.

Gli investimenti pubblici in deficit hanno il grande vantaggio di garantire un moltiplicatore superiore a uno, come insegna il teorema di Haavelmo sul bilancio pubblico in pareggio.

La nostra grande opportunità è il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che è stato approvato dall’Unione Europea e che ora attende i vari regolamenti per entrare effettivamente in funzione.

Con il PNRR per la prima volta c’è una quota della spesa pubblica finanziata direttamente dall’Unione Europea, e quindi vediamo un inizio di politica fiscale. Ma è ancora poco perché molti Stati membri considerano il PNRR “un’eccezione” rispetto al Patto di Stabilità al quale si vorrebbe tornare fra uno o due anni. Dipende molto anche dalla posizione che avrà la Germania sul futuro dell’Unione Europea, dopo l’uscita di scena di Angela Merkel, con un cancellierato che è durato ben sedici anni e che ha sempre tenuto una posizione molto equilibrata e di apertura nei confronti dei Paesi del Sud dell’Unione Europea.    

Ha fatto molto bene il Presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, ad affermare che le rigide regole fiscali del Patto di Stabilità dovranno essere riviste dopo la grave crisi pandemica che stiamo attraversando, da cui ci auguriamo di uscire presto.

Abbiamo quindi una visione ottimistica che vede nel PNRR la nostra grande possibilità per affrontare positivamente la sfida della transizione digitale e di quella ecologica, dopo anni di stagnazione della nostra economia e di bassa crescita della produttività. 

Ma esiste anche una visione pessimistica. Per alcuni, l’eurozona ha delle crepe strutturali probabilmente irrisolvibili: la politica di bilancio è bloccata mentre l’euro favorisce la Germania. E’ vero che con la crisi pandemica è stata concessa la possibilità di espandere il debito pubblico con la BCE che compra titoli in grande quantità (Quantitative easing), ma una volta superata la crisi le cose potrebbero cambiare.  

In definitiva, il Recovery Fund e il PNRR potrebbero essere insufficienti per rimettere in moto l’economia dell’Unione Europea e soprattutto la nostra economia che ristagna da troppi anni. Ciò dipende molto se verrà ripristinato il Patto di stabilità.

Avranno ragione gli ottimisti o i pessimisti? Il tempo ce lo dirà.
 
Giovanni Scanagatta

Roma, 5 ottobre 2021


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