ASPETTI ECONOMICO-SOCIALI DELL’ENCICLICA “FRATELLI TUTTI” - Riflessioni di Giovanni Scanagatta - UCID-Roma

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ASPETTI ECONOMICO-SOCIALI DELL’ENCICLICA “FRATELLI TUTTI”

Pubblicato da Giovanni Scanagatta in articolo · 12/10/2020 16:46:51
 
Il 3 ottobre scorso, Papa Francesco ha firmato ad Assisi la nuova Enciclica “Fratelli tutti”. Papa Francesco ha voluto fare questo gesto nella città di San Francesco per sottolineare l’importanza che il poverello di Assisi attribuiva alla fratellanza, compresa quella nei confronti della creato come risulta in modo magnifico nel “Cantico delle creature”.

L’Enciclica porta un sottotitolo riguardante la fraternità e l’amicizia sociale.

La prima domanda che è utile porci è se si tratti o meno di un’Enciclica sociale. E’ difficile rispondere a questa domanda perché Papa Francesco è portatore certamente di un’innovazione, superando la distinzione tra Encicliche sociali e altre Encicliche. Tutti i suoi insegnamenti ed Esortazioni apostoliche hanno infatti anche contenuti sociali, basti pensare alla Evangelii gaudium che costituisce una specie di programma del papato di Francesco.

Anche l’ultima Enciclica “Fratelli tutti” di Papa Francesco presenta queste caratteristiche: non può dirsi un’Enciclica sociale ma contiene importanti insegnamenti di natura sociale. Si parla infatti spesso dei valori fondamentali della Dottrina Sociale della Chiesa, come la destinazione universale dei beni e la funzione sociale della proprietà privata, la solidarietà, la sussidiarietà, il bene comune. Si ritorna a parlare dell’attività degli imprenditori come nobile vocazione per la produzione e la distribuzione della ricchezza e per la costruzione del bene comune. Si parla di debito estero dei Paesi poveri il cui rimborso non deve compromettere la sussistenza e la crescita delle popolazioni meno abbienti.

L’Enciclica presta particolare attenzione al dialogo interreligioso, piuttosto che al problema dell’unità dei cristiani. E questa caratteristica si osserva anche nei precedenti documenti magisteriali di Papa Francesco.  

Fatta questa premessa, ci proponiamo di analizzare sinteticamente l’Enciclica con un occhio particolare agli insegnamenti sociali.

L’Enciclica si divide in otto capitoli e in numerosi paragrafi preceduti da didascalie tematiche.

Il primo capitolo parla delle ombre di un mondo chiuso e delle gravi conseguenze della mancanza di un’autentica coscienza storica. Per questo la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro, senza imparare dagli errori del passato.

Per contraltare, nel capitolo terzo si parla della necessità di generare un mondo aperto, basato sul valore veramente unico dell’amore. Si parla della triade libertà, uguaglianza, fraternità. Quest’ultima si è spesso dimenticata e va intesa non in senso illuministico ripiegata sull’onnipotenza dell’uomo ma in rapporto al Dio Padre che ci ha reso tutti fratelli. La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza, per cui si stabilisce un rapporto sinergico tra questi tre grandi valori. La libertà economica deve essere effettiva. Non è sufficiente che esistano i diritti: bisogna che questi possano essere concretamente esercitati.  Si tratta della famosa capability di Amartya Sen. Si sottolinea l’importanza fondamentale della solidarietà che non è un mero sentimento di compassione ma la volontà determinata di raggiungere il bene comune. Per questo si evidenzia ancora una volta la funzione sociale della proprietà privata e la destinazione universale dei beni.

Nel capitolo quarto si evidenzia la necessità di avere un cuore aperto al mondo intero, con una interazione fruttuosa tra locale e universale, nello spirito della sussidiarietà. Oggi nessuno Stato nazionale isolato è in grado di assicurare il bene comune della propria popolazione e bisogna collaborare con tutti gli altri Stati in spirito solidaristico e multilaterale. Le istituzioni politiche, economiche e finanziarie internazionali devono sostenere e sviluppare questa visione.

Di particolare importanza è il capitolo quinto dedicato alla migliore politica. Qui appare chiara la visione del mondo di Papa Francesco. Si rifiutano i populismi e i liberalismi che non sono vera democrazia nel senso autentico di governo del popolo.

Il grande tema è quello del lavoro per assicurare una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia, ma anche per garantire la stima di se stessi e la fiducia nel futuro. Vengono sottolineati i valori e i limiti delle visioni liberali. Si riconferma il pensiero di Papa Francesco nei confronti mercato che da solo non risolve tutto, benchè a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Stato e mercato non sono sufficienti per creare il bene comune e abbiamo bisogno di un terzo pilastro, cioè la comunità civile. Conseguentemente sono fondamentali la cooperazione e le sue diverse forme e l’attività dei corpi intermedi perché non è lo Stato l’unico costruttore di bene comune, ma tutti i soggetti della comunità civile secondo il principio della sussidiarietà.

La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai problemi etici, ma l’occasione è stata sprecata. E’ mancata una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa della ricchezza virtuale. Non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo, con un maggiore orientamento all’individualismo. Risulta sempre più indispensabile e non rinviabile una riforma profonda dell’organizzazione delle Nazioni Unite e dell’architettura economica e finanziaria internazionale. Papa Francesco afferma con forza che la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi al paradigma efficientista della tecnocrazia globale. Come afferma A. Vespignani, “Facendo così gli algoritmi diventano davvero degli indovini gestiti da una casta di sacerdoti con cui non possiamo comunicare e di cui non siamo in grado di comprendere i veri poteri. E questo è il pericolo più grande che ci si pone di fronte” (A. Vespignani, L’algoritmo e l’oracolo, il Saggiatore, Milano, 2019, p. 171). Per Papa Francesco la migliore politica corrisponde alla più alta forma di carità.

Il capitolo sesto riguarda il dialogo e l’amicizia sociale. Quello che preoccupa è la mancanza di dialogo a livello internazionale per cui è assente la volontà di operare tutti insieme per la costruzione del bene comune universale. Servono una nuova cultura e la concezione della vita come arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita. Necessitano per questo il dialogo e l’amicizia sociale per la costruzione di un mondo migliore, soprattutto per le giovani generazioni.

L’ultimo capitolo, l’ottavo, è dedicato alla libertà religiosa, Senza di questa manca la visione verticale dell’uomo e del suo rapporto con Dio, accanto a quella orizzontale riguardante il discernimento degli atti umani secondo valori etici e morali. Le religioni devono essere al servizio della fraternità nel mondo, senza la quale non ci possono essere nè libertà né uguaglianza.
 
Giovanni Scanagatta

Roma, 12 ottobre 2020     


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