DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ALLA RIVOLUZIONE DIGITALE - Riflessioni di Giovanni Scanagatta - UCID-Roma

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DALLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ALLA RIVOLUZIONE DIGITALE

Pubblicato da Giovanni Scanagatta in economia · 19/10/2019 14:38:45
A febbraio di quest’anno\nè uscito un libro molto stimolante di Stefano Quintarelli sul capitalismo\nimmateriale.

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Il libro è molto\nproiettato sul nostro futuro caratterizzato dall’accelerazione del progresso\nscientifico e tecnico e dalla globalizzazione. \nInteressante è l’analisi delle differenze tra economia materiale ed\neconomia immateriale verso cui siamo proiettati, come pure il confronto tra\nrivoluzione industriale e rivoluzione digitale con il passaggio ai costi\nmarginali tendenti a zero e i rendimenti crescenti scala. L’uguaglianza tra\nricavi marginali e costi marginali porterebbe ad annullare i prezzi, con il\nconseguente superamento del concetto di prezzo basato sui costi di produzione\n(lato offerta).  Con il passaggio\ndall’economia materiale a quella materiale il prezzo sarebbe pertanto\ndeterminato dalla domanda. Inoltre i rendimenti crescenti di scala portano ad\nun forte aumento della produttività e quindi ad una continua riduzione costi\nmedi di produzione.

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Interessante è nei due\nmondi la contrapposizione tra capitalisti e lavoratori rispetto a quella tra\nintermediari dell’economia digitale e intermediati, cioè i consumatori\n(capitalisti e lavoratori).

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Nella rivoluzione\nindustriale si viveva la lotta tra capitale e lavoro e quindi tra capitalisti e\nlavoratori per la ripartizione del prodotto. Conseguente a questo modello è il\ncapitalismo di massa e la nascita del socialismo e del comunismo. Quindi, la\ncontrapposizione tra destra e sinistra. Questo mondo tende a scomparire con il\npassaggio alla rivoluzione digitale. La contrapposizione si sviluppa ora tra il\nmondo dell’informazione e della comunicazione e il mondo della produzione, cioè\nil capitale e il lavoro. Il mondo dell’informazione tende ad essere sempre più\ndominato da imprese giganti come Google, Amazon, Apple, Microsoft, Facebook,\nche monopolizzano l’economia digitale. Si tratta di imprese la cui\ncapitalizzazione complessiva di borsa supera il prodotto interno lordo della\nGermania. Un modello quindi molto centralizzato che si contrappone al modello\nalternativo del decentralismo. Il centralismo è un modello chiuso basato\nsull’oligopolio che si contrappone a quello aperto di tipo concorrenziale. Il\nprevalere dell’uno o dell’altro dipende dalla politica che non deve soccombere\nai tecnocrati e per questo gli intermediati (consumatori) si devono coalizzare.\nEcco perchè Quintarelli termina il suo stimolante libro con questa frase:\n“Intermediati di tutto il mondo, unitevi!”.

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Il passaggio\ndell’economia materiale a quella immateriale può avere conseguenze decisive\nsulla salvaguardia dell’ambiente. \nScompaiono tutti i supporti fisici della carta stampata, ma anche quelli\nper la musica o per altri tipi di comunicazione. Il telelavoro diffondendosi,\ndeterminerà un calo drastico degli spostamenti da un luogo all’altro e\nquindi   l’inquinamento delle automobili.\nE’ quindi la scienza e la tecnologia che possono risolvere i problemi del\npianeta e della cura della casa comune, riprendendo le parole di Papa Francesco\nnel titolo dell’Enciclica Laudato si’.\n

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E’ quindi la rivoluzione\nscientifica e tecnica che può risolvere i problemi dell’uomo, ma con dei\nprecisi limiti di carattere etico e morale. Questo senso dell’equilibrio morale\nci deriva dal grande filosofo greco Aristotele che condanna la ricerca\nillimitata di qualsiasi cosa, in primis la ricchezza e il consumo sfrenati che\nportano alla sorte del re Mida che trasforma in oro tutto quello che tocca. E’\nquindi destinato a morire pur possedendo immense ricchezze. Pertanto tutto\nquello che è tecnicamente possibile non è detto che sia accettabile sul piano\netico. Ce lo dice chiaramente Benedetto XVI nello splendido capitolo sesto\ndella Caritas in veritate dedicato\nallo sviluppo dei popoli e la tecnica. Al punto 74 dell’Enciclica si legge che\n“La razionalità del fare tecnico centrato su se stesso si dimostra però\nirrazionale, perché comporta un rifiuto deciso del senso e del valore. Non a\ncaso la chiusura alla trascendenza si scontra con la difficoltà a pensare come\ndal nulla sia scaturito l’essere e come dal caso sia nata l’intelligenza. Di\nfronte a questi drammatici problemi, ragione e fede si aiutano a vicenda. Solo\nassieme salveranno l’uomo. Attratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la\nfede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza. La fede\nsenza la ragione, rischia l’estraniamento dalla vita concreta delle persone”.

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La relazione tra tecnica\ne morale costituisce una delle tre grandi sfide a cui si trova di fronte\nl’umanità all’inizio del terzo millennio. Ce lo dice chiaramente il Compendio\ndella Dottrina Sociale della Chiesa del 2004. “Il confine e la relazione tra\nnatura, tecnica e morale sono questioni che interpellano decisamente la\nresponsabilità personale e collettiva in ordine ai comportamenti da tenere\nrispetto a ciò che l’uomo è, a ciò che può fare e a ciò che deve essere”.

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Giovanni Scanagatta
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Roma, 19 ottobre 2019       
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