LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELL’ANTI-VIRUS - Riflessioni di Giovanni Scanagatta - UCID-Roma

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LE CONSEGUENZE ECONOMICHE DELL’ANTI-VIRUS

Pubblicato da Giovanni Scanagatta in economia · 1/6/2020 17:39:24

Si parla molto delle conseguenze economiche della pandemia di coronavirus, in termini di caduta del prodotto interno lordo e di aumento del tasso di disoccupazione, ma abbastanza poco degli effetti sulla crescita delle imprese farmaceutiche impegnate nella ricerca di un antidoto.

Parliamo di grandi gruppi farmaceutici e chimici mondiali che hanno fatturati di miliardi di euro, con capitalizzazioni ancora più grandi, che investono percentuali molto elevate del loro fatturato in attività di ricerca e sviluppo. Ad esempio, il fatturato annuo del Gruppo Bayer   è di 44 miliardi di euro e quello del Gruppo Roche di 57 miliardi.  La capitalizzazione di borsa di Roche è di 225 miliardi di euro e quella di Bayer di 60 miliardi. Come si ricorderà, qualche anno fa, Bayer ha acquisito l’americana Monsanto, operante nel settore delle sementi e del pesticidi, per 60 miliardi di euro.

Il rapporto tra prezzo delle azioni e utili correnti di Roche si colloca intorno a 21 e quello di Bayer intorno a 17. Naturalmente, un’aspettativa di forte aumento degli utili futuri a causa, ad esempio, della scoperta dell’anti-virus da parte del Gruppo Roche, conduce ad un notevole aumento del prezzo delle azioni in borsa e quindi ad una forte crescita del rapporto tra prezzi e utili correnti.

L’approccio del metodo delle quotazioni di borsa consente di stimare il tasso di crescita atteso del fatturato della Roche.

L’approccio consiste nell’utilizzo della relazione prezzi/utili correnti, dividenti/utili, tasso di interesse reale, tasso di crescita atteso, premio al rischio relativo al tasso di aumento dell’output.

La sua applicazione richiede alcune condizioni fondamentali, tra cui il fatto che le azioni delle imprese siano quotate in borsa e che venga condotta una politica sufficientemente realistica dei dividendi. La politica dei dividendi non deve essere impiegata per inviare messaggi distorti al mercato, garantendo un certo parallelismo tra la dinamica degli utili e quella dei dividendi.

Possiamo trovare il fondamento di questo approccio nella scuola austriaca del tasso di interesse e, in particolare, di Bohm Bawerk. Secondo il grande economista austriaco, il tasso di interesse è determinato dalla diversa valutazione dei beni presenti rispetto a quelli futuri.

Se, per dati profitti correnti, viene atteso un forte sviluppo della Roche a causa della scoperta attesa dell’anti-virus, le quotazioni di borsa delle azioni in questione dovrebbero salire in relazione al valore attuale dei dividendi attesi. Ciò determina un innalzamento del rapporto prezzi/utili correnti e, a parità, di tasso di interesse reale e di premio al rischio per il tasso di crescita atteso, un aumento del tasso di crescita dell’output del Gruppo Roche.

Facciamo un esempio applicato alla Roche nell’ipotesi che si attenda la scoperta dell’anti-virus da parte di questo Gruppo. Supponiamo un tasso di interesse reale del 3%, un rapporto tra dividendi e utili del 50% e un premio al rischio sul tasso di crescita dell’output dell’1%. Facciamo l’ipotesi che l’aspettativa della scoperta dell’anti-virus determini un raddoppio del rapporto tra prezzo delle azioni e utili correnti, passando da 21 a 40, a causa della forte domanda in borsa del titolo del Gruppo Roche. In questo caso, il tasso di crescita atteso dell’output della Roche sale al 2,75%, rispetto all’1,62 del rapporto tra prezzi delle azioni e utili pari a 21. Il tasso di crescita dell’output sale al 3,75% nell’ipotesi di una distribuzione dei dividenti pari al 10% degli utili e al 4% nel caso di una distribuzione uguale all’1%. Come si vede, il tasso di crescita dell’output, a parità di rapporto prezzi/utili, dipende molto dalla politica della distribuzione dei dividendi. Il caso di forte trattenimento degli utili, che alimenta l’autofinanziamento, consente più elevati tassi di accumulazione e sviluppo dell’impresa.

Va evidenziato un limite che caratterizza il metodo delle quotazioni di borsa per la stima della dinamica dell’output. Si tratta della significatività in termini segnaletici del rapporto prezzo delle azioni/utili come indicatore del tasso di crescita atteso. E’ naturale che il mercato azionario si attenda uno sviluppo notevolmente superiore a quello passato quando è in atto una scoperta così importante di cui si sta discorrendo. I prezzi delle azioni dovrebbero pertanto crescere più velocemente degli utili correnti, ma di quanto? Il mercato potrebbe infatti sopravalutare gli effetti della scoperta dell’anti-virus sul tasso di sviluppo dell’output dell’impresa. In questo caso ci troveremmo di fronte ad una “bolla speculativa” che occorrerebbe in qualche modo valutare per tenerne conto ai fini della stima del tasso di crescita atteso dell’output. Ci troveremmo in un vicolo cieco e gli strumenti disponibili dell’analisi economica rivelano ancora una volta tutti i loro limiti.  

La scoperta dell’anti-virus richiede notevoli spese in ricerca e sviluppo che normalmente vengono recuperate in tempi brevi sul prezzo del farmaco. Le procedure non sono brevi perché bisogna superare una serie di impegnativi test clinici e l’approvazione da parte delle varie Agenzie del farmaco.  Si giunge quindi alla commercializzazione che può essere effettuata in via diretta dalla società titolare del brevetto dell’antidoto e/o attraverso licenze.

Supponendo, a mero scopo di esempio, la vaccinazione di tutta la popolazione mondiale, pari attualmente a 7,8 miliardi di persone, con un costo unitario di 5 euro, si arriva ad una spesa complessiva di circa 40 miliardi. La spesa per l’Italia sarebbe di 300 milioni di euro, naturalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Quindi una piccola percentuale della spesa sanitaria pubblica, pari allo 0,25%. Si ricorda che la spesa sanitaria pubblica italiana pro-capite è di circa 2 mila euro, a cui va aggiunta quella privata pari a 600 euro. In totale quindi una spesa sanitaria complessiva pro-capite di 2.600 euro. La spesa sanitaria privata pro-capitale mostra una forte elasticità rispetto al reddito pro-capite. La correlazione positiva tra spesa sanitaria privata pro-capitale a livello regionale e reddito pro-capite è pari a 0,88. La correlazione positiva scende a 0,73 per quanto riguarda la spesa sanitaria pubblica pro-capite e il reddito pro-capite a livello regionale. Infine, la correlazione tra la spesa sanitaria pubblica pro-capite e quella privata pro-capite a livello regionale è pari a 0,59.

Ai nostri fini, è importante un accenno in chiusura alla salute e ai grandi valori della Dottrina Sociale della Chiesa. La salute è la massima espressione del bene comune che dipende dallo sviluppo umano integrale, dalla solidarietà, dalla sussidiarietà e dalla destinazione universale dei beni.

Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa del 2004 dedica uno spazio importante alle categorie della salute e della sanità, con tredici approfondimenti.

Il bene comune è bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo fatti ad immagine e somiglianza di Dio. La costruzione del bene comune, di cui la salute è la massima espressione, spetta non solo allo Stato ma a tutti i soggetti che compongono la società civile come sono gli enti intermedi. La salute è responsabilità di tutti per la promozione integrale della persona umana e dei suoi diritti fondamentali.
 
Giovanni Scanagatta

Roma, 1 giugno 2020
 


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